Il trattamento multimodale ( che coinvolge tutte le figure di riferimento del soggetto, genitori, scuola, servizi sanitari) è quello, che allo stato delle conoscenze scientifiche e dei dati, sembra offrire la maggiore efficacia ed in particolare quello comportamentale, così come affermato dall’Istituto Superiore di Sanità (Germinario et al., 2016, p.11).

Negli ultimi anni i neuropsichiatri infantili, nei casi più gravi, prescrivono l’uso di farmaci come il Metilfenidato (Ritalin) o Atomoxetina (Strattera), che però possono essere somministrati soltanto da strutture specialistiche ed accreditate. E’ ovvio, che anche in questi casi va utilizzato in associazione ad un trattamento comportamentale, in quanto il farmaco ha solo un effetto sintomatico  temporaneo, cioè non è una “cura” definitiva del disturbo.

Purtroppo, come si afferma nel Registro nazionale dell’ADHD (p.21) – “La carenza di personale aggrava, in molte realtà territoriali, la difficoltà nell’accesso ai trattamenti non farmacologici: in molti casi le strutture pubbliche non ne erogano e nelle regioni in cui il Servizio Sanitario li fornisce ci si imbatte in estenuanti liste d’attesa. Tutto ciò genera diseguaglianza tra chi può permettersi di pagare il terapeuta privato e chi non può pagarsi questo “lusso”. È necessario, pertanto, attuare quelle manovre correttive che garantiscano equità e sostenibilità del modello assistenziale”. –